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al testo di Chiara Gasperini
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Non m'abbandono all'amore
non m'abbandono al torpore, non m'abbandono al sollievo, nascondo il canto, nascondo il vanto, nascondo e non mento ma solo rimando l'incontro con me, con me che resto e sempre ti sorprendo indifferente alla sorte d'essermi al fianco, arreso alla gioia di vivere l'incanto. Piccole questioni occupano le nostre cogitazioni: per cena che mangio? chi paga la multa? il dente intanto s'è rotto e nella gengiva trattiene un urlo distorto amaro di pena. Io mentii, tu mentisti, egli mentì, noi mentimmo, e voi? voi che faceste mentre il mondo di fuori correva e ruggiva e diceva che qualcuno, qualcuno salvi la regina? E la regina era una beffa, un'interrogazione sul passato remoto del verbo mentire, che i bravi bimbi lo sanno dire tutto d'un fiato senza soffrire. Ma io soffro il verbo e la sua coniugazione: non c'è parola, parola che possa partorire l'amore che ti porto e tu temi, l'amore che stendo ai tuoi piedi e tu sollevi. Lieve lieve la piuma discende dall'ala all'aria: nacque in cielo, morì in terra, visse lenta la propria distanza, come lenti i nostri sogni s'incarnano nei nostri giorni. A poco a poco distinguo nel vento il tuo mento, e nel tuo mento il mio proposito vero d'aver coraggio e non temere l'abbandono, io che m'abbandono all'abbandono abbandono ogni pretesa e il mio corpo alla resa. |
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